Pasarott afamèd
- Carlo Pagnini

- 5 ott
- Tempo di lettura: 3 min

Di fronte ai drammi che ogni giorno affollano i mezzi di comunicazione, si fa sempre più urgente la necessità di abbandonare l’atteggiamento inerte di chi si limita ad osservare, quando non, addirittura, si gira dall’altra parte. Carlo Pagnini, con la delicatezza di sempre, affida alla metafora di un brutto sogno, l’amara riflessione sul tema della indifferenza distratta di fronte alle “piccole grandi” tragedie dell’umanità.
La poesia, intitolata “Pasarott afamèd”, è stata composta nel 1980, ed ha trovato posto nell’antologico “Una vita sa… le mi stranezz” (Nobili Editore 1989) in “Arciapland qua e là” per Editrice Flaminia (1983) e, ovviamente, in “Sa un fil de luc” di Neftasia Editore del 2007, da dove abbiamo attinto e attingiamo ogni mese per realizzare questa nostra pagina. Come ad ogni uscita, anche in questo numero trovate la poesia in originale “pantanese”, la traduzione poetica in italiano, un glossario ragionato e il Link che rinvia ad un video in cui Carlo Pagnini stesso vi accompagna nella lettura.
Il video della poesia per in esclusiva per i lettori del Riflesso della Notizia: https://www.youtube.com/watch?v=tvQuG_gcn-s
Pasarott afamèd
Che brutt insoni ch’a i ò fatt sta nott.
Da dria ‘na fnestra a vdeva un pasarott
ch’el stèva in pid a stent, tutt sciufarid,
sóra ‘na mucchia d’ név, imbrigiulid.
Par non lascèl malé a murì de fèm
saria bastèd a dèj un chicch de grèn
mo a i era acsé sconvolt e tormentèd
ch’an me so’ moss, epur a l’ò pensèd.
Parchè an l’ò prés? Parchè an l’ò acarezèd?
Parchè an l’ò purtèd déntra? An l’ò scaldèd?
A stè malé impalèd è stèd un tort!
Mentre che mè ai pensèva ló l’è mort.
Ce divideva un vetre che, sa ‘l fièd,
pió temp pasèva e pió l’era apanèd
e intant che mè al puliva al post dl’ uc’lén...
che strétta e che rimors... c’era un fiulén.
PASSEROTTO AFFAMATO
Che brutto sogno ho fatto questa notte.
Da dietro una finestra vedevo un passerotto
che stava in piedi a stento, tutto arruffato,
sopra un mucchio di neve, intirizzito.
Per non lasciarlo lì a morire di fame
sarebbe bastato dargli un chicco di grano
ma ero così sconvolto e tormentato
che non mi sono mosso, eppure ci ho pensato.
Perché non l’ho preso? Non l’ho accarezzato?
Perché non l’ho portato dentro? Non l’ho scaldato?
Rimanere lì impalato è stato un torto!
E mentre io ci pensavo lui è morto.
Ci separava un vetro che, col fiato,
più il tempo passava e più era appannato
e mentre lo pulivo al posto dell’uccellino…
che stretta e che rimorso… c’era un bambino
GLOSSARIO RAGIONATO
insoni = sogno
fnestra = finestra
pasarott = passerotto
sciufarid = arruffato - la parola dialettale ci sembra più efficace del corrispondente italiano; sarà perché ha dentro i “ciuffi”
imbrigiulid = intirizzito - anche in questo caso sottolineiamo la forza del dialetto
grèn = grano - il chicco di grano simboleggia qui la minuscola quantità dell’aiuto che sarebbe bastato ad evitare il peggio
sconvolt e tormentèd = sconvolto e tormentato - è così che ci sentiamo, mentre osserviamo l’immagine della tragedia, e ci soffermiamo a pensare (epur a l’ò pensèd) al da farsi, mentre in realtà pensiamo ma non facciamo nulla (an me so’ moss)
parchè = perché - apre a quattro domande cruciali su ciò che si può fare e non si fa
fièd = alla lettera fiato - è il respiro, che crea vapore che fa appannare il vetro (vetre) della finestra che separa la salvezza dalla morte
pió temp pasèva e pió l’era apanèd = mentre pensiamo al da farsi, il tempo passa il vetro si appanna, l’immagine sembra al lontanarsi
e intant che mè al puliva = il tempo che sarebbe utile e sufficiente ad agire, troppo spesso lo impieghiamo a cercare di mantenere una buona visuale
fiulén = bambino - parola potente con dentro la radice di figlio (fiól), che svela la metafora attesa sin dall’inizio, ma non per questo meno efficace





