Giuseppe Mazzini
- Stefano Quadri

- 4 set
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Seconda Parte

Al contrario del rivoluzionario Mazzini, i moderati Silvio Pellico (le mie prigioni), Vincenzo Gioberti (il Primato) e Cesare Balbo (le speranze d’Italia), erano consapevoli che nelle masse italiane, pur essendoci molto scontento, non c’era nessun potenziale rivoluzionario.
Sapevano che l’ideale di Patria era sentito solo da una piccola percentuale di borghesia, che, a sua volta, rappresentava una piccola fetta della società italiana. Cercarono così di tranquillizzare la borghesia italiana, e, favorendone il conformismo e il sentimento di compromesso, riuscirono a richiamare dalla loro parte la maggioranza del ceto medio italiano.
Mazzini sapeva che se l’Italia, come auspicavano i suoi nemici moderati, fosse stata fatta da una manciata di vip (come si direbbe oggi), non sarebbe stata vitale. Mazzini sicuramente non conosceva il popolo, ma sentiva la necessità di una sua partecipazione, per ché solo il popolo poteva dare un contenuto popolare al Risorgimento che, senza di esso, si sarebbe risolto in un’operazione di intrallazzo diplomatico.
Diceva: “se le masse non entrano da protagoniste nel suo processo di formazione, esse rimarranno estranee alla Nazione e un giorno ne diventeranno nemiche”.
È esattamente quello che è accaduto e che impedisce ancora oggi all’Italia di avere un popolo coeso. Mazzini fu esule in Svizzera fino alla fine del ’37, poi andò a Londra dove, in poco tempo, divenne un eroe nazionale. Per gli operai italiani, che gli avevano chiesto una scuola e un giornale, era un Idolo, un Intoccabile.
Anche in Italia il suo prestigio si era risollevato, per cui ricominciò il lavoro per la Giovine Italia. A Londra stando in mezzo ai lavoratori aveva capito di dare alla sua organizzazione un contenuto più popolare: «Nel primo periodo della nostra vita abbiamo lavorato per il popolo, non col popolo. Bisogna farlo ora…».
In Italia, nel frattempo, continuavano a susseguirsi focolai insurrezionali nel Napoletano, negli Stati pontifici e in Toscana, ma la polizia era sempre informata dalle numerose spie. Nel 1844, 19 uomini, al comando dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e di Domenico Moro, sbarcarono a Crotone per scatenare una rivolta; ma una spia aveva già segnalato agli austriaci il loro arrivo. Vennero catturati e trascinati davanti al tribunale mi litare di Cosenza, che li condannò a morte per direttissima. I Bandiera, Moro e sei loro compagni furono subito fucilati; gli altri furono condannati all’ergastolo.
Questi episodi suscitarono profonda impressione ed i moderati Pellico, Gioberti e Balbo ebbero gioco facile a dire che “i metodi mazziniani”, cioè i metodi di lotta insurrezionale che egli aveva sempre predicato e praticato, “conducevano soltanto alla perdita di vite preziose”. In realtà Mazzini non c’entrava nulla ed anzi aveva cercato fino all’ultimo di trattenere i fratelli Bandiera. Ciononostante ne nacque una polemica che fece dire a Mazzini sui moderati: “sono pronti ad afferrare qualsiasi illusione pur di astenersi dal fare”. (segue)





