Un’Epoca senza Identità
- Beatrice Terenzi

- 4 set
- Tempo di lettura: 2 min

Interessa a qualcuno dove stiamo andando? Sembra di no. Ognuno a pensare a sé stesso. Eppure quello che sta succedendo riguarda tutti. Anche chi non ha più l’età o la voglia di lottare. Perché l’eredità è grande e i nostri figli o nipoti se la troveranno a pesare sopra le loro teste. Cosa resterà di questo vulnerabile periodo storico? Sarebbe troppo facile, scontato rispondere i telefonini. Eppure paradossalmente potrebbe essere così.
Dopo l’età della pietra e del fuoco, ecco l’età dello smartphone. Che poi non è solo una cornetta evoluta. È il talismano di un’epoca. L’epoca dove tutto si è arrestato, come quando a velocità sparata devi fermarti di botto perché altrimenti cadi nel burrone. Anni di chiacchiere e distintivo. Di tanto rumore per nulla. Di parole, parole, parole. E basta. Se dovessi un attimo soffermarmi in cosa è successo, direi tutto e niente.
Ecco questo periodo in cui stiamo vivendo non ha una sua precisa identità. È questo il vero punto. Non c’è qualcosa che lo contraddistingue, lo valorizza, lo esalta. Quindi cosa lasciamo in dono a chi ci succederà? Il folle mercato. La sete di potere. In poche parole l’egoismo al cubo. E come tanti cubi, quadrati, ma serrati, verremo ricordati. La banalità del male. Ora più che mai ha un senso questo concetto.
Anzi, nel corso del tempo, si è pure evoluto come un gambero che procede all’indietro. Non ci sono guerre giuste, non ci sono mai state. Ma in questo presente aggrovigliato, è tutto più amplificato, più complicato, più devastante. Il deserto dei Tartari era un giardino rispetto ad adesso. La pace dove è? Nessuno la persegue più, è scaduta. E con lei le relazioni, le interconnessioni, le affinità. Siamo dentro a una bolgia informe. Senza filo conduttore. Solo confusione. Le idee sono in coma farmacologico. Una strategia per assopire il genere umano. Sogni “d’oro”. Le esplorazioni sono in soffitta. Le scoperte girano online. È questo il tempo dell’attesa, dopo la pensione dell’azione.
E intanto il mondo gira e frulla tutto, anche i cervelli. Meglio dormire. L’età delle scienze è terminata. Non è rimasto nulla neppure in magazzino. Ma l’importante è chattare. Una volta si scrivevano libri. Siamo satolli e chi è sazio, si arrende. Cosa resterà di questi anni rapidi, imprendibili, sfuggenti? Lo schiaffo di vento. E cosa tramanderemo? Uno schermo tascabile. La sfera «magica» dei nostri giorni. Piccoli giorni strappati all’ispirazione, alla creatività. Del resto meglio robot che uomini ribelli. Con la libertà che si ferma al disegno di un tatuaggio, ci affacciamo al futuro di schiena. Ma in fondo… è solo la fine del mondo.





