T’un bichir d’acqua
- Carlo Pagnini
- 2 feb
- Tempo di lettura: 2 min

Abbiamo deciso di continuare con il “gioco del dialetto” anche nel 2025. Tanto, di poesie di Carlo Pagnini, da usare per portare i lettori all’esplorazione dei “segreti” del vernacolo pesarese, ne abbiamo ancora parecchie. Questo mese per ripartire dopo la pausa festiva, abbiamo scelto una quartina, con l’idea di invogliare sempre più i nostri lettori a tentare l’impresa di leggerla direttamente in dialetto.
Ovviamente non mancano i consueti ausili: il breve glossario ragionato, la traduzione poetica, e il QR Code per apprezzare la pronuncia e l’interpretazione dell’autore. Saremmo comunque immensamente felici se qualcuno, interpretando questa pagina come una specie di “corso di lingua dialettale” mettesse alla prova le conoscenze e abilità acquisite durante le 11 precedenti uscite e si avventurasse nella lettura, magari ad alta voce, di “T’un bichir d’acqua”, composta nel 1984 e pubblicata nel prezioso volume antologico “Una vita sa… le mi stranezz” (Nobili Editore 1989) e, ovviamente, in “Sa un fil de luc” di Neftasia Editore del 2007, da dove abbiamo attinto a attingiamo ogni mese per realizzare questa nostra pagina.
IL VIDEO DELLA POESIA IN ESCLUSIVA PER I LETTORI DEL RIFLESSO DELLA NOTIZIA
T’un bichir d’acqua
T’un bichir d’acqua a tengh i mi’ pensir!
Un po’ ne vèn a gall, un po’ i s’afóga,
un po’ n’arman tranquéll, ‘n antre po’ i róga...
e i gióga tutti insiem sa i mi’ sospir.
IN UN BICCHIERE D’ACQUA
In un bicchiere d’acqua tengo i miei pensieri!
Un po’ vengono a galla, un po’ s’affogano,
un po’ restano tranquilli, un altro po’ sgridano…
e giocano tutti insieme con i miei sospiri.
Glossario:
bichir = bicchiere - da pronunciare spingendo sulla i, quasi fosse una doppia
acqua = è, ovviamente acqua, ma curiosamente, pur scrivendolo allo stesso modo che in italiano, si pronuncia senza il raddoppio del “cq” - come se fosse scritto aqua
pensir = pensieri - nella pronuncia come in bichir, la i diventa quasi una doppia
ven a gall = vengono a galla
afóga = affogano - come in italiano, la o e chiusa
arman = rimangono, restano, nel senso di se ne stanno (tranquilli)
tranquéll = tranquilli
roga = sgridano, rimproverano - il verbo è “rughè” con la “u”, che nella coniugazione si trasforma spesso, ma non sempre, in “o”: “i róga”, ma nel participio passato “i m’à rughèd”. gióga = giocano - anche in questo caso il verbo giocare è “giughè” con la “u”