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Pio IX

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Nel Conclave del 1846 venne eletto Papa il Cardinale Mastai-Ferretti con il nome di Pio IX, il quale, concedendo l’amnistia a tutti i condannati politici che erano in galera, venne scambiato per un “liberale e patriota”.


Tutta l’Italia inneggiava al Papa, perché sembrava che fosse pronto ad annunciare la crociata per l’indipendenza nazionale. Nessuno voleva vedere l’assurdità storica di una nazione italiana contemporaneamente fatta e combattuta dalla Chiesa da quasi mille e cinquecento anni. D’Azeglio scrisse “Proposta di un programma per l’opinione nazionale italiana”, secondo cui l’Italia poteva e doveva raggiungere l’indipendenza non con la rivoluzione, ma con una serie di riforme che eliminassero le differenze tra Stato e Stato e abolissero le dogane che frenavano gli scambi.


A seguito di rivolte di liberali che volevano più libertà, nel febbraio 1848 sia il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II, che il Granduca di Toscana, Leopoldo II, concessero la Costituzione. A marzo 1848 Carlo Alberto diffuse lo Statuto in Piemonte, sotto la spinta di Mameli e Bixio partiti da Genova e del giovane moderato Camillo Benso di Cavour: Presidente Cesare Balbo; Ricci ministro degli interni; Pareto ministro degli Esteri.


I patrioti guardavano sempre di più al Piemonte come allo Stato-guida della penisola. Anche Pio IX concesse nello Stato pontificio una specie di Costituzione, nel cui governo figuravano due importanti liberali emiliani, Minghetti e Farini. Quest’ultimo osservò che “la conferma costituzionale del più incostituzionale dei regimi, in cui l’ultima parola, su ogni materia, resta a un Concistoro segreto, che non deve nemmeno render ragione delle sue decisioni” era una novità molto rilevante.


Insomma tutta l’Italia era apparentemente “promossa” al regime costituzionale, con l’eccezione del Lombardo-Veneto, tuttora sottomesso all’Austria del Metternich. A Milano c’era molta agitazione animata da Cesare Correnti, da Carlo Cattaneo, da Tenca, da Manara e dai fratelli Dandolo, che rappresentavano un consiglio rivoluzionario permanente. Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 1848 esso fece stampare un comunicato in cui si chiedeva l’immediata istituzione di una Reggenza, l’abolizione della polizia politica e della censura, la formazione di una Guardia Civica.


Tutta la popolazione era chiamata a raccolta per l’in domani fra San Babila e San Carlo: “il destino d’Italia è nelle nostre mani: un giorno può decidere la sorte d’un secolo. Offriamo pace, ma non temiamo la guerra” terminava il comunicato. Il giorno dopo, sotto la residenza del governatore, c’era una marea di gente che urlava “abbasso la polizia, vogliamo la Guardia Civica” e gli scontri erano inizia ti ovunque i dimostranti avessero incontrato soldati austriaci.


Il Maresciallo Radetzky, se i milanesi non avessero de posto immediatamente le armi, minacciò di scagliare sulla città i suoi centomila soldati e di bombardarla con i suoi 200 cannoni: ma i milanesi non risposero nemmeno e cominciarono a costruire barrica te.

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