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Giuseppe Mazzini

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Successivamente ai moti del ’31 ed alla condanna a morte di Ciro Menotti, si scatenò un’ondata di Repressione. Tra le vittime che prendevano la via dell’esilio, c’era un uomo nuovo: Giuseppe Mazzini, figlio di un medico, nato a Genova nel 1805.


Laureato in giurisprudenza, iniziò dapprima a scrivere per l’Indicatore Genovese (che la censura successiva mente soppresse), poi per l’Antologia di Viesseux e per l’Indicatore Livornese di Guerrazzi. Mazzini non si rassegnerà mai alla retorica e alla teatralità degli italiani: e questo fu un altro dei motivi che lo resero sempre straniero in Patria.


Nel 1827 aderisce alla Carboneria, ma nel dicembre 1830 viene tradito, tratto in arresto e rinchiuso nella fortezza di Savona. In galera pensò che la Carboneria era un cadavere da seppellire e che invece, per fare una rivoluzione nazionale per istituire una Repubblica democratica ci voleva un moto che partiva dal basso.


Stava maturando nella sua mente l’idea della Giovane Italia. Rilasciato per insufficienza di prove, il 10 febbraio 1831 andò a Marsiglia, ove si rese conto che l’Italia non poteva essere fatta con quei patrioti, ma bisognava ricominciare tutto dall’inizio, cioè dalle coscienze. È qui che ebbe inizio il vero Risorgimento: dall’appello alle coscienze. Sia nei moti del ’21 che i quelli del ’31 le masse furono assenti, mentre i resistenti erano una minoranza della popolazione e quasi tutti di estrazione borghese.


Mazzini a Marsiglia lavorava sul suo progetto rivoluzionario ed aveva capito che per portarlo a termine ci voleva una partecipazione popolare. Per questo occorreva un’organizzazione aperta basata su un programma chiaro e definito. Diceva: “Oggi ci vuole l’appoggio del popolo e questo appoggio si può sollecitarlo solo con idee semplici e chiare.


In un’Europa di Nazioni, l’Italia potrà contare solo se anch’essa lo diventa raccogliendosi in uno Stato sovrano e indipendente”. Il limite di Mazzini fu che egli non conosceva il popolo. Non sapeva che le masse non erano in condizione di capire il suo appello per mancanza di tutti gli strumenti, a cominciare dall’alfabeto.


L’appello politico di Mazzini non poteva esercitare alcuna attrattiva su un sottoproletariato afflitto dalla miseria e dall’analfabetismo, quale era al 95% la popolazione italiana. Ciononostante nel ’33 Mazzini aveva in Italia circa 60.000 affiliati e per questo motivo i servizi di spionaggio austriaci avevano spostato la loro attenzione dalla Carboneria alla Giovane Italia.


Cominciò un’ondata di arresti e fucilazioni che obbligò Mazzini a pensare di “accendere una scintilla” e così l’Italia avrebbe preso fuoco. Una prima spedizione in Savoia fallì miseramente nel ’34.


Tra gli affiliati alla Giovine Italia c’era anche un marinaio, nato nel 1807 a Nizza (a quei tempi Piemontese), di nome Giuseppe Garibaldi che però, nel 1834, in seguito ad una condanna a morte, accettò di imbarcarsi come “secondo” in un brigantino in partenza per Rio de Janeiro.


(segue)

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