I Moti del ‘31
- Stefano Quadri
- 2 giu
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Nel 1827 la pubblicazione dei Promessi Sposi fu un grande evento nazionale, perché il romanzo è considerato la nascita della lingua italiana “semplice, piana, discorsiva e che tutti potessero capire”. Gli italiani finalmente avevano un libro, che chi sapeva leggere poteva leggere, in quanto scritto con una lingua che rappresentava il punto di fusione mai raggiunto fin allora fra quella scritta e quella parlata. Inoltre, per la prima volta, l’eroe era un personaggio del popolo.
Per questo motivo il Manzoni deve essere considerato come uno fra i grandi “padri della patria” ed uno dei maggiori artefici del Risorgimento. Il 16 settembre 1827, non ancora cinquantenne, moriva in Inghilterra Ugo Foscolo, sulla cui tomba anche il Mazzini andrà ad inginocchiarsi ed a rendere omaggio.
In Francia, in quel periodo, cresceva il malcontento perché Luigi XVIII aveva restaurato il vecchio regime, come se la rivoluzione non fosse mai accaduta, e suo fratello Carlo X, che gli era succeduto, percorreva la strada della repressione poliziesca. Parigi però, nel luglio 1830, rispose con le barricate e a Carlo non restò che dimettersi.
Venne varata una politica estera, in netta antitesi con quella delle potenze della Santa Alleanza, basata sul principio del non-intervento e di non interferire sui problemi interni di uno Stato. Tutto questo faceva della Francia la patria dei movimenti rivoluzionari europei.
Alla notizia delle barricate, il Buonarroti, esule a Parigi, scrisse: “Cadano i tiranni, s’infrangano le corone, e sulle ruine loro sorga la Repubblica italiana una e indivisibile dalle Alpi al mare”.
Nel febbraio 1831 scoppiarono i primi moti insurrezionali a Modena, Parma e Bologna, dove iniziò a sventolare il tricolore. Appena lo venne a sapere, Buonarroti incitò gli italiani a ribellarsi in massa contro ”il truce Alemanno, che spietato tracanna il nostro sangue e si pasce delle nostre lacrime” e riferiva di una legione di volontari che si stava radunando a Lione.
Il 25 febbraio 1831, però, una colonna di soldati austriaci attraversò il Po ed il 25 marzo sconfigge a Rimini l’esercito rivoluzionario comandato dal generale Zucchi. Il 26 maggio 1831 venne giustiziato, assieme a Vincenzo Borelli, il patriota Ciro Menotti. E un’ondata di repressioni si abbatté sull’Italia.
Il generale Zucchi venne catturato e portato nella fortezza di Gratz, dove rimase per 17 anni fino al 1848. Tra le vittime della repressione, c’era un uomo nuovo: Giuseppe Mazzini, figlio di un medico, nato a Genova nel 1805. Laureato in giurisprudenza, iniziò dapprima a scrivere per l’Indicatore Genovese (che la censura successiva mente soppresse), poi per l’Antologia di Viesseux e per l’Indicatore Livornese di Guerrazzi.
Mazzini non si rassegnerà mai alla retorica e alla teatralità degli italiani: e questo fu un altro dei motivi che lo resero sempre straniero in patria. Nel 1827 aderì alla Carboneria, ma nel dicembre 1830 venne tradito, tratto in arresto e rinchiuso nella fortezza di Savona.
(segue)
La conoscenza e la cultura creano consapevolezza e permettono di superare tutte le barriere anche quella più alta della paura del nuovo.