Di Giubileo in Giubileo
- Suor Cinzia

- 4 set
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Aggiornamento: 7 set

E dopo il Giubileo delle famiglie, a inizio agosto si è svolto il Giubileo dei giovani a Tor Vergata, con più di un milione di ragazzi, provenienti da 146 Paesi di tutto il mondo. E così Roma è stata invasa da tanti giovani.
Un’ondata di entusiasmo che viene sicuramente dall’essere insieme agli amici, dall’essere in viaggio, dal vivere una esperienza particolare con giovani di tutto il mondo, ma che ha dentro qualcosa di più profondo, come ricordano le parole di Papa Leone nella sua omelia: «Siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un “di più” che nessuna realtà creata ci può dare». «La pienezza della nostra esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, da ciò che possediamo (cfr Lc 12,13-21).
È legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere. Comprare, ammassare, consumare, non basta. Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle “cose di lassù” (Col 3,2), per renderci conto che tutto ha senso, tra le realtà del mondo, solo nella misura in cui serve a unirci a Dio e ai fratelli».
Giovani che non hanno avuto paura di confrontarsi con domande grandi da cui spesso si fugge, o ci si anestetizza: «Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre. Non allarmiamoci allora se ci troviamo interiormente assetati, inquieti, incompiuti, desiderosi di senso e di futuro. Non siamo malati, siamo vivi!». Sì, giovani d’oggi che non sono malati ma sono vivi.
E ancora: «C’è una domanda importante nel nostro cuore, un bisogno di verità che non possiamo ignorare, che ci porta a chiederci: cos’è veramente la felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non senso, della noia, della mediocrità?».
Papa Leone ha poi citato San Giovanni Paolo II, che nella XV GMG, nell’agosto del 2000, nello stesso luogo, ci aveva incantati con queste parole: «È Gesù che cercate, è lui che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande […], per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna».
Ed ha aggiunto ancora a conclusione: «Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque sia te. Non accontentatevi di meno. Allora vedrete crescere ogni giorno, in voi e attorno a voi, la luce del Vangelo». Una omelia incisiva, preziosa, come il Santo Padre ci sta abituando ad ascoltare. E vorrei citare a conclusione la frase che più mi ha colpita: «La fragilità è parte della meraviglia che siamo». La fragilità che viene nascosta, bullizzata, rifiutata, è finalmente “redenta”. Ancora un grazie, Papa Leone.





