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Prima la Casa

Martedì 29 aprile si è tenuto a Fossombrone un incontro sul tema dell’Housing First (letteralmente “prima la casa”) per conoscere più da vicino questo approccio di contrasto alla grave emarginazione. Ospite dell’incontro Giuseppe Dardes, Coordinatore della “Community Housing First Italia” della Federazione italiana per gli Organismi per le persone senza dimora.


L’incontro fa parte delle attività del progetto Diritti (in)espressi finanziato da ActionAid Italia e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “The CARE - Civil Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea. L’Housing First nasce nel 1992 negli Stati Uniti con Sam Tsemberis, docente del Dipartimento di Psichiatria della University of Medicine di New York.


Lavorando all’interno di un ospedale psichiatrico, Tsemberis si rende conto che le terapie per persone senza fissa dimora non funzionano, perché impossibili da seguire per chi vive in strada. Prova così ad inserire le persone in un alloggio stabile, affiancando un servizio di accompagnamento costante.


Questo approccio si differenzia grandemente da quello attuale, detto “a gradini”, in cui la casa è il premio finale di un lungo percorso che parte dal dormito rio e arriva dopo molti passaggi ad una casa vera e propria. “In questo percorso si chiede alle persone di essere cittadini di “serie A” – ha spiegato Giuseppe Dardes- sottoponendoli a controlli e regole continue. E se qualcuno rimane bloccato nel percorso si ricomincia da capo, come in un drammatico gioco dell’oca”.


Nell’Housing First invece le priorità sono dare accesso alla casa, mettere la persona nelle condizioni ottimali per poter agire/reagire/scegliere, guidate da un ambiente supportato, intimo e sicuro, promuovere la riduzione del danno e offrire un accompagnamento per tutto il tempo necessario. Come tradurre questo approccio nel territorio? Durante l’incontro abbiamo ascoltato l’esperienza realizzata a Jesi dall’Ambito territoriale sociale IX, in collaborazione con il mondo del volontariato.


La dott.ssa Pesaresi ha illustrato il percorso, avviato a seguito della pandemia, spiegando non solo le difficoltà incontrate e gli obiettivi raggiunti, ma dando anche diversi spunti concreti per attivare e coinvolgere i diversi attori del territorio.


Uno degli studi più completi (Baxter, 2019) riporta che il 71% dei partecipanti al progetto di Housing First riferisce una più elevata qualità di vita e integrazione nella comunità. Questo diverso modello è non solo riconosciuto come funzionale da diversi studi a livello internazionale, ma nel lungo periodo si è dimostrato anche più economico per le casse degli enti locali, degli ospedali e degli altri soggetti coinvolti.


È evidente dunque come questo tipo di approccio possa essere un’occasione per migliorare la vita di quanti vivono momenti di difficoltà, mettendo in primo piano la loro dignità.

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