Pace: uno dei concetti più Abusati. E per assurdo il meno Rispettato
- Beatrice Terenzi
- 11 ago
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Pace. Una delle parole più pronunciate e scritte. La pace è nella bocca e nella penna di tutti. È uno dei concetti più abusati. E per assurdo il meno rispettato. Il tema più familiare, più vicino. Ma anche il meno praticato. Tutti ad elogiare la pace, ma pochi a difenderla. Uno degli obiettivi più ambiti, ma anche il più difficile da realizzare. È complicato vivere in pace tra le mura domestiche. Figuriamoci nel sistema sociale e politico e nella struttura mondiale. Quanti sventolano la bandiera colorata della pace, ma quanti poi lottano tutti i giorni affinché vi sia?
La pace parte da noi stessi, dalle piccole cose. Se non si gode della pace interiore, non è possibile poi trasmetterla a chi si ha di fronte. La pace è bella quanto complicata. È la sete di potere, la propensione al predominio che fa saltare tutti gli eventuali buoni propositi.
A scuola ci insegnano il valore della pace. Ma poi quando si cresce è proprio il primo valore che viene dimenticato. E prima di arrivare alle guerre, alle stragi, c’è tutto un percorso graduale dove ognuno di noi è più o meno coinvolto. Nessuno si salva. Tutto nasce dal bisogno primario di pensare a se stessi e di creare intorno a noi una voragine.
Quel buco si riempie ogni giorno di egoismo, individualismo, benessere personale, avidità. È questo il motore diabolico che aziona le guerre di ogni tipo che siano. Non c’è solo il conflitto a fuoco. Quello è solo l’apice di una montagna che si nutre di tutti i limiti di noi umani. Dei nostri bassi desideri. E per raggiungerli è necessario fare terra bruciata intorno. La pace è solo una idea. Resta lì dentro un quadro. Al museo viene fotografata. Apprezzata come una chimera.
È facile così. I valori non sono valori se restano dentro il cassetto del comodino accanto al letto. La pace ha bisogno di uscire, camminare, correre, dialogare, anche cadere, per poi rialzarsi e respirare. La pace vive solo se è viva. Non può essere relegata nelle pagine di un libro, né nelle note di una canzone e neanche negli accesi discorsi da bar. Siamo tutti pacifisti. Ma poi nella vita reale basta poco per fare crollare tutto il castello degli ideali da manifesto. Il silenzio, l’indifferenza, il «domani faremo», sono questi i mali di questa epoca arida di veri e propri uomini o donne di pace.
Perché la pace si fa sulla strada, non al cellulare. La si costruisce partendo da noi stessi, dal rapporto che abbiamo con nostro marito, con nostra moglie, con nostro figlio, con i nostri colleghi e con i nostri amici. La pace è condivisione di un obiettivo comune che è lo stare bene. Al di là degli interessi privati, della prevaricazione, dell’arricchimento, del potere che si mangia il potere. Un mondo di pace è un sogno. Un sogno che tra poco non sarà più sognato. C’è altro a cui pensare, altro a cui aspirare. Non di certo la pace che resta lì, con gelata, in naftalina, bella ma “inutile”.