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Le “DOMUS” romane di Pesaro

PREZIOSE “FOTOGRAFIE” DEI CAMBIAMENTI NEL TEMPO (Prima Parte)


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Agli inizi degli anni 2000 fu presa la decisone di demolire il vecchio complesso della stazione delle autocorriere in piazzale Matteotti, nell’area che si trova al limitare del centro storico in fondo a via S. Francesco, appena fuori quella che, ai tempi dei romani, era Porta Fanestra. Ciò che gli archeologi trovarono fu una vera sorpresa: dagli scavi infatti emerse un “complesso” molto interessante.


Un tratto di un decumano minore, cioè una strada che correva parallela alla via Flaminia che proprio in quel punto faceva il suo ingresso in città da sud diventando il il decumano maggiore (l’attuale via S. Francesco - foto 1) e i resti di ben due “domus” separate esattamente da quel basolato stradale. La posa in opera dei basoli risulta piuttosto accurata e la loro superficie non mostra segni di usura da transito carrabile. Sotto il lastricato è stato individuato un vuoto, che verosimilmente è da riferire ad un collettore fognario per la raccolta degli scarichi degli edifici che si affacciavano sulla via.


La strada, inoltre, risulta affiancata da due marciapiedi, di cui uno è basolato e rialzato di una quindicina di centimetri rispetto alla carreggiata. L’altro, sensi bilmente più piccolo, è semplicemente in ter ra battuta delimitata da un cordolo continuo. La scoperta di questa strada è un fatto di rile vante importanza non solo per le sue straordi narie condizioni di conservazione ma soprattutto perché costituisce un sicuro elemento di delimitazione dell’isolato in un’area della città antica. La prima “domus”, quella più impor tante, (foto 2) è un’ampia e ricca casa urbana costruita, appena fuori le mura, nella prima età imperiale (I sec. d.C.) e poi successivamente frequentata fino al IV secolo d.C.


I vani individuati, ben 19 e tutti articolati attorno all’atrio centrale, possono essere divisi in due gruppi principali: alcune stanze pavimentate con mosaici in bianco e nero di buona fattura (foto 3) (e in un caso con un mosaico policromo meno curato) e ambienti di servizio e di collegamento, tra cui un corridoio che conserva intatto il crollo del tetto in tegole soprastante, e poi un’area scoperta colonnata almeno su un lato e dotata di un pozzo.


Molti degli ambienti hanno restituito tracce degli intonaci dipinti che decoravano le pareti con motivi geometrici o naturalistici; altri presenta no invece consistenti interventi di rimaneggiamento attuati in età successive testimoniando cosi la continuità di vita di questo edificio che sembra essere funzionale fino a epoca tardoantica.


Sull’altro lato della strada sono emersi altri vani probabilmente pertinenti a una seconda domus, di cui è stato tuttavia possibile indagare solo un settore limitato. L’aspetto più significativo di questa seconda parte è costituito dal ritrovamento di numerose tombe di epoca altomedievale, scavate nelle rovine dell’edificio più antico.


Esse testimoniano la decadenza di questa parte della città nei secoli del primo medioevo e la sua utilizzazione come area di sepolture. Fatto quest’ultimo che ritroveremo più avanti perché pratica, allora, abbastanza usuale. Purtroppo, dopo una breve parentesi durante la quale gli scavi di Piazzale Matteotti furono visibili, nel 2009 venne presa la decisone di rinterrarli chiudendo così di nuovo questa finestra sul passato.

(continua)


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