Il Capretto e la Festa: un Padre Misericordioso
- Suor Cinzia
- 5 mag
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Tra un capretto o una festa, cosa sceglieresti? Perché la domanda non è banale, ma svela il senso profondo del perdono di Dio. Per capire occorre entrare nel racconto che Luca fa nel suo Vangelo, non a caso proposto dalla liturgia in Quaresima. Una parabola famosa dove compaiono un figlio che sperpera l’eredità, un fratello maggiore ligio al lavoro nei campi di famiglia e un padre misericordioso (Lc 15,11-32). Capiamo subito che il padre è Dio e che noi potremmo essere uno dei 2 fratelli e quindi riguardo al perdono possiamo domandarci: Cosa ci aspettiamo? cosa fa questo padre?
Il padre esce di casa per invitare i figli alla festa. Va incontro al minore: “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò… disse ai servi: «Presto, porta te qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa…». E cominciarono a far festa”. Va incontro poi anche al maggiore: “Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo”. Il perdono è proprio questo Padre che esce per spalancarci la porta per entrare alla festa. Una festa a cui siamo tutti invitati, che ha un inizio ma non ha fine, è per sempre, perché il Suo amore è per sempre.
La meta è entrare nella logica che Dio ci ama. I figli pensano invece a come riempire la pancia. Il figlio minore ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!», e così il figlio maggiore rispose a suo padre: «Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici».
Dio è per-dono, continua a donarsi col suo amore, ma noi spesso siamo nella dimensione limitata dei figli, che cercano ciò di cui hanno bisogno per essere a posto o perfetti. Come ve diamo il perdono? È come un biglietto di ingresso per una festa o come una lettera di richiamo che sottolinea le nostre mancanze?
Per cui occorre ripulire la coscienza, tornare a sentirci pieni di noi stessi, cioè con la “pancia piena”, puntiamo al capretto e lì ci fermiamo. Cerchiamo forse l’impeccabilità del figlio maggiore, che enumera i suoi meriti, che ce la fa da solo, ma la sua idea di perfezione gli impedisce di entrare nella logica dell’amore gratuito: non ama un padre, ma obbedisce a un padrone. Non corre in casa sua alla festa, ma si domanda cosa accada di strano. Il padre gli dirà: «bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Bisogna fare festa, cioè il perdono ci deve aprire alla gioia, non alla tranquillità. I cristiani non dovrebbero essere quelli che cucinano bene il capretto, ma che sanno organizzare feste. Così come fa il Padre. Dio è un organizzatore di feste.
Il punto è: siamo gente da capretto o da festa?