3 Uomini e 1 Podio
- Suor Cinzia
- 2 apr
- Tempo di lettura: 2 min
ovvero la libertà di essere uomini veri

A Sanremo quest’anno tante sono state le canzoni che parlano d’amore, declinato in molteplici sfaccettature. E fin qui Sanremo non si smentisce, ma in questa 75ma edizione c’è stato un podio al maschile, un podio dalle musiche e dai testi sensibili e poetici, che hanno incantato il pubblico più giovane e meno giovane. Canzoni che si sentono ovunque in radio.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, così commenta: «Sul podio di Sanremo 2025, una nuova idea di mascolinità. È una narrativa che cambia completamente rispetto alla musica trap e rap: ora c’è un maschio connesso con il proprio mondo emotivo interiore». C’è infatti un mondo musicale fatto spesso di parole dure, con significati violenti, pornografici e sessisti. Questi tre artisti uomini invece «cantano la fragilità e rinunciano alla forza, o forse la esprimono in un altro modo, quello dell’autenticità, molto più coraggioso in una società che ci vuole sempre perfetti e performanti.» Poiché «è come se esistesse un codice maschile che chiede agli uomini di essere costantemente presenti a se stessi nell’azione, e la fragilità, che è considerata sentirsi incapaci o inefficaci, non è tollerata».
Bello pensare al podio di Sanremo come il manifesto di un nuovo maschile: un ragazzo, un giovane uomo, un uomo adulto che è diventato padre, e in tutti e tre emerge il passaggio da “vero uomo” a “uomo vero”. In queste tre canzoni credo si rispecchino tanti uomini. Sicuramente la fragilità rispecchia quella di molti giovani che hanno paura di non essere così forti da riuscire ad arrivare sul podio. E sul podio invece paradossalmente sono proprio arrivati sentimenti come la debolezza, la delicatezza, la sofferenza.
Brunori Sas, al 3° posto con “Albero di noci”, dedicata alla figlia, parla della sua paura della paternità, che lo ha reso infine un uomo migliore: «hai cambiato l’architettura e le proporzioni del mio cuore».
Lucio Corsi, al 2° posto con “Volevo essere un duro”, canta la vulnerabilità che non si spaventa della propria fragilità, accoglie l’idea di questo se stesso e rinuncia ad essere un supereroe: «Io volevo essere un duro. Però non sono nessuno. Non sono altro che Lucio».
Olly, al 1° posto con “Balorda nostalgia”, ha scritto sulla sofferenza per la fine di un amore con rispetto e fragilità, senza possesso, senza pretendere qualcosa che non c’è più.
Un San-remo che sembra fare rima con San-Paolo. L’apostolo Paolo, il fariseo tutto d’un pezzo che si ritroverà a terra, che sarà percosso più volte, ma che con decisione afferma: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10), perché Dio è con lui, perché Dio ci ama così come siamo.
Ringraziamo Pellai che fa luce su questa verità, ma a volte, per non dire sempre, basterebbe essere in ascolto profondo della Parola e potremmo evitarci tante sofferenze inutili: essere uomo è poter essere deboli, San Paolo già lo affermava.