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Falso Movimento, la Consapevolezza del Fare


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C’è un vecchio film di Wenders che si intitola «Falso movimento». In realtà il movimento c’è. Eccome. Perché an che lo stare fermi è un’azione. Forse la più coraggiosa o la più vigliacca. Dipende dal contesto. Nella nostra società la stabilità può essere sicurezza, ma anche comodità. In tutte le sue accezioni. Il cammino è conoscenza, è apprendimento. Nel processo fisico e intellettuale il divenire può anche comportare cambiamento interno ed esterno a noi.


Già il desiderio di intraprendere un percorso è comunque impegno, sforzo a volte, non sempre gioia. Il viaggio non è solo ferie, vacanza. Può essere anche indotto da una causa lontana dalle nostre intenzioni. La pellicola del regista tedesco, del resto, si incastonò all’interno di una trilogia dove il concetto su cui verteva tutto era la ricerca della bellezza. Ma anche della possibilità.


Solo «uscendo» si possono creare delle occasioni. Uscendo dall’uscio di casa o anche uscendo da sé stessi, dal proprio egocentrismo. Lo scambio con gli esseri viventi, con il mondo avviene solo se c’è interconnessione. La parola, i racconti, i paesaggi, gli sguardi sono anche liberazione da paure e ansie ancestrali. Il confronto è liberazione. Ecco perché è importante lo scambio. La speranza è nel ritornare ad ascoltare e osservare. Come quando si guida un’auto. È necessario avere una visione a tutto tondo, fermarsi per poi, arricchiti, ripartire.


Ci sono individui che si bastano, altri che invece hanno l’estremo bisogno di completarsi. Non solo nei sentimenti. L’emozioni, in questo caso, hanno un ruolo non così fondamentale. Perché si tratta di avere visioni che superano lo sta to emotivo per salire ancora più in alto. Il benefattore quando opera non cerca un tornaconto. Il suo obiettivo è il sorriso del ragazzo che finalmente ha un libro per poter studiare.


A colui che agisce per il bene comune, non interessa il riconoscimento personale. Il suo è un viaggio fuori di sé, perché il suo sé è tutto quello che gli gravita intorno. Si crea una dimensione senza spazio e senza tempo, un falso movimento appunto che però corre. Come quando si ripete una stessa azione e la si guarda, vivisezionandola, in tutte le sue prospettive e angolazioni. L’azione acquisisce veridicità, smontandola e ricomponendola e infine plasmandola. La consapevolezza del fare.

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