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Dopo di Noi: l’Eredità di una Cultura del Sociale


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Dopo di noi. Non si tratta solo di lasciare una eredità, di qualsiasi forma sia. Ma anche costruire le basi per chi resta. L’allarme non è solo ambientale. Penso ai genitori dei ragazzi e delle ragazze fragili. Chi si prenderà cura di loro?


Ed ecco che qui entrano in gioco le strutture adibite ad accogliere chi non è autonomo fisicamente e psicologicamente. Questi luoghi preziosi hanno un valore al pari della scuola. In qualche modo hanno la responsabilità di «sostituire» i genitori naturali o adottivi.


Si deve dunque ricreare, finchè è possibile, un ambiente il più vicino a quello materno e familiare. Non solo. È necessario fornire a queste persone speciali gli strumenti per esprimere le loro capacità intellettive, cognitive e pratiche. Insomma questi centri non devono essere interpretati come parcheggi in attesa della morte.


Per realizzare questo occorrono figure preparate, pazienti e gentili. Senza avere però un atteggiamento caritatevole. Lo scopo è offrire opportunità. Il che non significa proporre progetti a caso o a catena di montaggio. Non si sta svolgendo il compitino. Bisogna essere consapevoli della qualità del servizio che si richiede.


Per assurdo la professionalità, in queste situazioni dove i confini giustamente non sono ben delineati, è la caratteristica «meno» importante. Al primo posto metterei la sensibilità. La capacità di ascolto e di guardare sempre con gli occhi della «prima volta». Perché dalle origini della purezza poi si sviluppa tutto un percorso che è improvvisazione intelligente, nel suo significato più nobile.


È utile e necessario in questo contesto spezzare ogni tipo di punto fermo. La staticità addormenta. Quindi ben vengano tutti quegli spazi di interazione, dove si dialoga, non importa con quale linguaggio. E si costruisce qualcosa. Laboratori dove applicare l’artigianato della mente.


Nel nostro territorio ci sono luoghi dell’anima dove i genitori affidano i loro figli di ogni età per un lasso di tempo più o meno lungo. Fino al momento in cui arriva l’inevitabile e fisiologico addio. Si deve lavorare per arrivare pronti, anche se non si è mai pronti davanti a ogni tipo di separazione e soprattutto a quella definitiva. Chi resta deve essere tutelato per continuare a vivere nel migliore dei modi.


L’eredità che lasciamo non è quella meramente economica, ma di cultura sociale. Solo quando si comprenderà questa accezione allora il genere umano conquisterà quello spirito di «eternità» a cui aspira da sempre.

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