Ci Vuole un Gesto Eversivo
- Caritas Diocesana

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IL SENSO RIVOLUZIONARIO DEL VOLONTARIATO

Attraverso maestri del pensiero sociale e dello spirito, ce lo stiamo ripetendo da tempo: la nostra è la società dell’IO incapace di vedere l’Altro. Erich Fromm, filosofo tedesco, aveva predetto che nel nuovo millennio la società sarebbe stata sempre più individualizzata, disumanizzata e soggetta alla tecnologia (ora succube dell’economia e della finanza): l’essere umano perde la libertà, la salute e la felicità affinché gli ingranaggi continuino a funzionare.
Anche il sociologo Georg Simmel, agli albori del ‘900, aveva previsto con la nascita delle metropoli una società sempre più frammentata: “Come è possibile che all’interno delle grandi città nelle quali viviamo con una densità di popolazione mai vista nei secoli precedenti, affollata da una moltitudine di uomini e donne differenti tra loro, si sviluppi un sentimento di solitudine senza uguali?”
Occorre un cambio di paradigma, come ci ricorda il monaco Enzo Bianchi, che ci porti dall’ “homo oeconomicus” all’ “homo reciprocus”, un cambio che neghi l’uomo autosufficiente e faccia sì che il donatore accenda una relazione “non generata dallo scambio, dal contratto, dall’utilitarismo”. È mettere in atto “un gesto eversivo” che possa generare un “debito Buono, un debito dell’amore che ciascuno ha verso l’altro nella comunità”.
Questa concezione del dono in chiave relazionale, può sovvertire una società che percepisce l’altro come un nemico o un rivale, dentro una convivenza in una crisi economica persistente che opprime i più fragili e che si manifesta in pura aggressività e nel dilagare di conflitti in varie parti del mondo. “C’è la necessità morale della gratuità, di gesti solidali in grado di restituire segni di speranza e di pace a intere comunità e territori”.
Papa Francesco, nel Giubileo del mondo del volontariato del 9 marzo 2025, esortava: “Vi ringrazio molto, carissimi, perché sull’esempio di Gesù voi servite il prossimo senza servirvi del prossimo. Per strada e tra le case, accanto ai malati, ai sofferenti, ai carcerati, coi giovani e con gli anziani, la vostra dedizione infonde speranza a tutta la società. Nei deserti della povertà e della solitudine, tanti piccoli gesti di servizio gratuito fanno fiorire germogli di umanità nuova: quel giardino che Dio ha sognato e continua a sognare per tutti noi”.
Un’umanità nuova che il filo sofo Emmanuel Levinas aveva così descritto: “è nel volto che è racchiuso il segreto supremo della vita: nel volto che abbiamo di fronte e che mai riusciremo ad afferrare per intero, riconducendolo a noi stessi. L’uomo nuovo rinascerà dell’incontro con il volto dell’Altro”. Il volto dell’altro mi interpella e fa emergere la domanda fondamentale: qual è lo scopo della vita? Diventare più umani o produrre di più? Per questo mi piace ricordare il gesto profetico del nostro arcivescovo don Sandro che, in occasione della festa del patrono, ha voluto visitare “Casa Tabanelli” per senza fissa dimora e servire alla mensa Caritas.
Nell’omelia della celebrazione eucaristica ha affermato: “ho desiderato festeggiare San Terenzio in mezzo a loro indossando il grembiule con la stessa solennità di questi paramenti, e sono davvero felice”. Parole eversive che rivoluzionano la stessa liturgia e aprono ad una società solidale e generativa.
Un’occasione per incominciare a vivere questa novità è compiere “gesti eversivi” e fare esperienza di volontariato: le Caritas diocesane e parrocchiali sono incredibili opportunità perchè il volontariato aiuti a far emergere quel “supplemento di anima” (don Marco Pagniello direttore nazionale Caritas) che si traduce in attenzione alle singole persone e sia un’alternativa un mondo che sembra una roccaforte inespugnabile. Mi piace terminare con un pensiero dello scrittore Erri de Luca «Tutto quell’a more che non dai è perso, bruciato, è marcito. Non te lo puoi conservare. È proprio il contrario dell’economia. Precisamente l’opposto. Il PIL dell’amore è nel fare bancarotta continuamente».





