“AD AQUILAM”
- Marta Scavolini

- 5 ott
- Tempo di lettura: 3 min
DA VILLA A PIEVE (1a PARTE)

Ai piedi delle colline del San Bartolo, lungo quella che è oggi la S.S. Adriatica e a poca distanza da Pesaro sorge l’interessantissima area archeologica di Colombarone che, come una capsula del tempo, ci proietta nelle pieghe storiche del nostro territorio.
Lì infatti è possibile leggere concreta mente le fasi evolutive degli insedia menti abitativi e non dalla metà del III sec. d.C. ad oggi. La storia delle indagini archeologiche condotte in questo sito è alquanto particolare: già nel 1700 l’erudito pesarese Annibale degli Abati Olivieri sulla base di studi effettuati sul “Liber pontificalis” (il testo-raccolta delle biografie dei pontefici) aveva ipotizzato che in quel luogo si dovevano trovare i resti di una basilica*, denominata “Basilica di S. Cristoforo ad Aquilam”, che nel 743 d.C. era stata il punto di incontro tra l’Esarca (cioè il dignitario dell’Impero bizantino) Eutichio e il Papa Zaccaria.
Così l’Olivieri avviò delle ricerche portando alla luce alcuni parti di un edificio antico che lo convinsero di essere nel giusto. Tutto fu riportato su pianta dal famo so architetto Gian Andrea Lazzarini. Quando poi, nel 1980, questa pianta fu “riscoperta”, il Comune di Pesa ro e il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna decisero di riprendere gli scavi che durarono ben 25 anni fino al 2008 quando il sito fu aperto al pubblico.
Il lavoro degli archeologi non solo dette ragione all’Olivieri, ma, e questo è l’aspetto più affascinante, ridisegnò il tutto, provando la presenza in quel luogo di numerose stratificazioni edilizie. La più antica si riferisce all’epoca ro mana quando l’odierna Statale Adria tica era la Via Flaminia che collegava Roma a Rimini.
A Colombarone molto probabilmente doveva sorgere una “taberna” cioè una stazione di posta per il cambio dei cavalli come indicato dal topo nimo romano “ad Aquilam” nel qua le “ad” (appresso) sta per “sosta” e “aquilam” indica l’insegna del locale (un’aquila, il simbolo delle legioni ro mane). Oltre alla taverna è possibile che ci fosse anche un “vicus” cioè un villaggio agreste per la presenza delle fonti d’acqua e l’amenità del luogo.
La seconda stratificazione, ben documentata, è di epoca tardoromana, III-IV sec. d.C., e corrisponde ad una “domus suburbana” cioè una villa con relativo centro agricolo. L’edificio si presenta come un com plesso residenziale costituito da cinque ambienti allineati tra loro con pavimenti a mosaico policromi e in bianco e nero caratterizzati da motivi geometrici e floreali.
Dalla ricostruzione (foto 1) si intuisce che doveva trattarsi di una dimora sontuosa (con un ingresso porticato aperto su un cortile nel quale avremmo trovato una fontana) dotata di una stanza di rappresentanza, di una sala banchetti e di una piccola zona termale (foto 2). Gli interventi di ripavimentazione e i resti di fornaci e focolari che sono sta ti individuati testimoniano che molto probabilmente durante le devasta zioni dovute alla guerra Greco-gotica (che interessò la nostra penisola tra il 535 e il 553 d.C.) la villa è stata in un primo tempo trasformata in un edificio produttivo per poi essere abbandonata.
*CON IL TERMINE “BASILICA “VENIVANO INDICATI IN EPOCA ROMANA GLI EDIFICI CIVILI PUBBLICI ADIBITI A TRIBUNALE O MERCATO CON L’INGRES SO SUL LATO LUNGO DELLA COSTRUZIONE E L’AB SIDE RISERVATA AI PROCESSI. SUCCESSIVAMENTE TALE TIPOLOGIA EDIFICATORIA FU ADATTATA AL CULTO CRISTIANO SPOSTANDO L’INGRESSO SUL LATO CORTO, RISERVANDO L’ABSIDE AL CLERO E ALL’ALTARE, E AGGIUNGENDO UN ATRIUM O UN QUADRIPORTICO PER I CATECUMENI





