Pesaro 2024 Capitale Italiana della Cultura
- Paolo Pagnini
- 15 feb 2024
- Tempo di lettura: 3 min
ANALISI DI UNA DEFINIZIONE
Proviamo a fare un tutorial? Allora, per cominciare rileggiamo insieme la definizione: “Pesaro 2024 - Capitale Italiana della Cultura”. Non è “Città della cultura”, non è “L’anno della cultura”, non è “Il premio della cultura”.
È “Pesaro 2024 - Capitale Italiana della Cultura.” Sono cinque parole e un numero. 2024, il numero, è l’anno. Pesaro è la città. E fin qui è facile. Poi c’è “della” che come parola è chiara.
E adesso andiamo nella parte meno semplice: Capitale - Italiana - Cultura. Italiana, vuol dire che ha a che fare con l’Italia. Con tutta l’Italia. Non con un pezzo. L’Italia si estende oltre il Tavollo, oltre il Cesano e al di là dell’Appennino. Dalle Alpi alla punta dello Stivale, con l’aggiunta di Sicilia, Sardegna e di altre isole e isolotti, quella è tutta Italia.
E noi, inteso come Pesaro, per tutto il 2024, di questa Italia, siamo la Capitale, della Cultura. Sulla Cultura ci torniamo dopo. Adesso fermiamoci alla Capitale. Secondo i più autorevoli dizionari, la parola “capitale” può avere diversi significati.
Quello che interessa a noi è il sostantivo, che è riferito alla “città sede del capo dello stato e degli organi supremi di governo: Roma è la capitale d’Italia” (Treccani). Lo stesso dizionario dice anche che, per estensione, ad esempio la capitale morale è “la città che, pur non essendo la capitale ufficiale di un Paese, ne è il centro più attivo sotto vari punti di vista” e poi elenca anche, sempre come esempi: la capitale economica, la capitale della cultura, la capitale dello sport, ecc.
A proposito della “Capitale della cultura”, c’è una complicazione. Perché da qualche anno non è più solo una delle tante definizioni, ma è diventato un vero e proprio “titolo” (io comunque non lo definirei un premio, anche se si “vince”). “Il titolo di Capitale Italiana della Cultura nasce dalla vivace e partecipata competizione che culminò il 17 ottobre 2014 nella designazione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019.
L’impegno, la creatività e la passione che avevano portato le sei finaliste a costruire dei dossier di candidatura di elevata qualità progettuale convinsero il Governo a proclamare le altre cinque concorrenti, ossia Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena, Capitali Italiane della Cultura 2015 e a indire contestualmente una selezione per individuare, a partire dal 2016, la città meritevole di questo titolo.” (fonte: www.beniculturali.it)
I più curiosi troveranno online storia e regolamenti di questo che è diventato senza dubbio uno dei titoli più prestigiosi e ambìti dalle amministrazioni degli oltre ottomila comuni italiani. E, in effetti, diventare per un intero anno, Capitale Italiana, a me pare un bel motivo di orgoglio cittadino.
E adesso, siamo al difficile: CULTURA. Cos’è la cultura? E soprattutto cosa NON è? C’entrano le buche, con la cultura? E le potature? E i cantieri? E i mosaici nascosti, e il traffico, e i nuovi cassonetti, e il palco in piazza, e l’albero di Natale, e questo o quel presentatore, questo o quel cantante?… (qui aggiungere temi più o meno pertinenti a piacimento).
Ma, soprattutto, chi decide cosa è cultura e cosa non lo è? Io intanto riprovo con il dizionario Treccani. Ma mi scoraggio: la definizione consta di oltre 900 parole per più di 6000 caratteri, spazi inclusi. Chi vuole dunque se la andrà a leggere da solo.
Qui trascrivo solo la prima riga, perché contiene una notazione che trovo curiosa: Cultura: s. f. [dal lat. cultura, der. di colĕre «coltivare», part. pass. cultus; nel sign. 2, per influenza del ted. Kultur].
Sto per chiudere il pezzo, ma non sono troppo soddisfatto. Poi, poco prima di inviarlo alla redazione de “Il Riflesso della Notizia”, mi viene l’idea di tornare sul sito del Ministero e lì trovo la soluzione perfetta, che di certo chiude se non per sempre almeno per un anno la questione, e soprattutto mi dà la possibilità di chiudere in bellezza il mio “Slalom Speciale”.
“Scelta da una commissione di sette esperti di chiara fama nella gestione dei beni culturali, la città vincitrice, grazie anche al contributo di un milione di euro messo in palio, può mettere in mostra, per il periodo di un anno, i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità.” Tiè!