La Sòcial-Filosofia!
- Paolo Pagnini
- 15 apr 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Più ci penso e più mi convinco che siamo di fronte ad una vera e propria nuova branca del pensiero: la sòcial-filosofia. Fatta di citazioni ed aforismi a volte accreditati ai legittimi autori, a volte no, a volte fedelmente copiaincollati, a volte maldestramente tagliacuciti, si è ormai affermata per la sua immediatezza e capacità di adattarsi a qualunque tema e a qualunque situazione. E caratterizza le esternazioni di una vera e propria specie umana: quella dei citatori.
Come immaginari “farmacisti dell’anima”, i citatori propinano una pillola (letteraria, scientifica, sportiva, filosofica…) per ogni esigenza, per ogni ricorrenza, per ogni occorrenza. Ed è un vero peccato che dopo questi autorevoli post e link di esortazione e autoesortazione (fate così, facciamo cosà…) poi si ferma tutto lì.
Voglio dire che a me manca, (è colpa mia, lo ammetto), se non proprio l’approfondimento, almeno un accenno di conclusione… E poi? mi viene (quasi) sempre da chiedere… E allora? E allora niente! Ingoia la pillola, e sii felice, in attesa della prossima. Che non tarderà ad arrivare!
In una sorta di corsa insensata al tema più di tendenza, ci sono argomenti che improvvisamente diventano di moda e per un po’ infuriano sui social. Moda effimera, che imperversa qualche giorno, quando non qualche ora, per poi essere giustamente sostituita da un altro tema, in una sorta di ciclicità ricorrente, in cui, tra l’altro, tutto prima o poi torna.
Ad esempio ci sono momenti in cui sembra che tutti parlino di errori. Di quanto è utile sbagliare e in fondo anche bello, perché è proprio così, e lì, è dagli errori che si impara… Teoria supportata da un vero profluvio di citazioni! «L’errore ci dona semplicemente l’opportunità di iniziare a diventare più intelligenti», ammoniva Henry Ford.
«Fare un errore diverso ogni giorno non è solo accettabile, è la definizione di progresso», rilanciava tale Robert Brault. «Se non fai errori, stai lavorando su problemi che non sono abbastanza difficili. E questo è un grosso errore», ribadiva un sino ad allora a me sconosciuto Frank Wikzek. «Un esperto è uno che ha fatto tutti gli errori possibili nel suo campo», concludeva in tempi non sospetti il fisico e matematico, premio Nobel del secolo scorso, Niels Bohr.
È che io, purtroppo, faccio un grave errore: non riesco ad accontentarmi. E allora, mi sono chiesto tutto qui? Se bastasse sbagliare per imparare, saremmo tutti ormai da tempo molto più che “imparati”… il fatto è che probabilmente la procedura sbaglio=imparo non è così automatica…
Per imparare dagli errori, mi sono detto, bisogna prima di tutto “rassegnarsi” a classificarli come tali. Se sbagli in modo inconsapevole o addirittura sbagli pervicacemente convinto di fare bene, sbagli e risbagli e non solo non impari nulla, ma continui a sbagliare.
E poi, dopo aver commesso, ma soprattutto ammesso l’errore (pratica difficile e dolorosa, soprattutto se rivolta a se stessi), bisognerebbe provare a capire dove e come si è sbagliato. E magari anche prendersi in carico le conseguenze e aggiustare gli eventuali danni, provare a riparare i… cocci.
E poi, magari, capire cosa c’è da imparare e far propria la lezione e… Insomma sarà anche vero che sbagliando s’impara, ma come per gran parte delle cose della vita, dietro il titolo, dovrebbe poi esserci lo svolgimento del tema. E a me sembra invece che la sòcial-filosofia stia ormai legittimando la realizzazione del sogno di ogni scolaro discolo: sotto il titolo del tema dettato dalla maestra, non scrivere proprio nulla o al massimo concedersi un chiaro e risolutivo: «Eh, già!»