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I Luccichini dei Camillas

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C’è la musica classica e la musica leggera. Poi ci sono i generi musicali: pop, rock, punk, metal, jazz, blues, fusion, new wave. Potrei andare avanti a oltranza, ma anche “oltranza” non basterebbe a classificare I Camillas, la band pesarese nata nel 2004 dalle funamboliche menti di Vittorio Ondedei e Mirko Bertuccioli, che per l’occasione come i più illustri predecessori Ramones, si sono ribattezzati Ruben e Zagor Camillas.


Fratelli dunque, di scorribande musicali spiazzanti, surreali e sulfuree. Perché se la lingua italiana deve proprio tentare di definirli, forse è ciò che più si avvicina ai suoni prodotti nei loro soli 4 album in studio. “Soli” perché la storia dei Camillas finisce troppo presto a causa del Covid che nel 2020 si porta beffardamente via Mirko, uno dei motori pul santi e ispiratori dell’universo nonsense creato at torno al duo.


Un duo che nel frattempo si era pure allargato a trio e quartetto con l’ingresso di Michael Camillas (batteria) e Theodore Camillas (basso) a ridisegnare i contorni di una forma zione più classica. Ecco dunque che dal nulla, chi mastica un po’ la musica di nicchia nostrana, non può che rimanere folgorato dall’ascolto di pezzi come “Mi dai fastidio” (corredato da un video che al horror-grottesco ride in faccia e dà pure uno schiaffo compiaciuto), “Il gioco della palla” (ipnotico come un Giucas Casella d’antan), “Bisonte” (la versione psicotro pa de “Nella vecchia fattoria”), l’imprescindibile “La canzone del pane” (il masterpiece che probabil mente ogni band mondiale sogna di scrivere, ma non ha il coraggio di fare).


E poi ancora la tenera “Rovi” di cui esiste una versione live in bilico tra il cornicione e il commovente suonata da un terrazzo di Torino, “La macchina motivazionale” che potrebbe benissimo essere contemporaneamente l’inno di una squadra di tiro alla fune, così come un rimedio naturale contro la stitichezza. E gli album: “Le politiche del prato”, “Costa brava”, “Tennis d’amor” e “Discoteca rock”.  Da qui poi Zagor e Ruben esondano in varie direzioni, come gli apostoli alla dipartita di Gesù: non solo album e live, ma un libro “La rivolta dello zuccherificio” che descrive col consueto piglio da daista la loro visione del mondo, la finale al celebre programma Tv “Italia’s got talent” a cui solo la lobby potentissima dei manipolatori dinamici (che non sono onanisti scostumati) ha soffiato la vittoria e tanto altro.


La cerchia dei Camillas, in quanto inclassificabili per definizione, non può che essere quella della musica “alternativa” italiana, dove all’epoca bivaccava gente strana come Calcutta, Lo Stato Sociale, Pop X, Auroro Borealo, Bugo e al tri: tutti nomi, che poi vedranno la ribalta anche di grandi vetrine uscendo dal guscio per mostrarsi al mondo. La scomparsa di “Zagor” è spiazzante per tutti, anche per gli amici di pentagramma, tanto da organizzare un grande tributo in suo onore nella sua Pesaro chiamato “Luccichini dappertutto”, un po’ come fecero a Wembley in onore di Freddie Mercury, con forse meno persone, ma molte più pizze Rossini.


Le saracinesche dei Camillas senza Zagor si chiudono definitivamente, ma non si chiude l’energia di Mirko, la sua influenza e la spinta propulsiva che ha dato a tutto il movimento. Il “fratello” Ruben difatti, decide infine di riunire la band, come un Elwood senza Jake dei Blues Brothers, per proseguire l’avventura musicale sul solco già tracciato dai fu Camillas. Nascono così i Crema, ma questa è un’altra storia che forse, quando ci sveglieremo battendo la testa sul comodino e rivedendo così luccichini dappertutto, andrò a raccontare.


I Camillas: 5 pezzi imprescindibili “La canzone del pane” - “Rovi” - “Motorock” “Bisonte” - “La macchina motivazionale”

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