A Gambe Chiuse
- Spazio Bianco 
- 15 giu 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 16 set 2024
È IL MESTIERE PIÙ ANTICO DEL MONDO, MA PER ASSURDO ANCHE IL MENO TUTELATO
Maria Pia Covre, ex prostituta ed ora attivista, del Comitato per i diritti delle prostitute (Cdcp) racconta una realtà che tutti ne parlano, ma pochi davvero conoscono.

Quante sono ancora le donne che si prostituiscono in Italia e in particolare nelle Marche?
Essendo un lavoro informale e sommerso non ci sono dati certi sul numero di lavoratori e lavoratrici nel nostro Paese.
Che tipologia hanno, età, Nazione?
Le persone conosciute e contattate dalle unità di strada che fanno periodicamente un monitoraggio delle zone dove è nota la presenza notturna e diurna si può constatare che ci sono in maggioranza persone non autoctone, provenienti dai Paesi di America Latina, Africa, Centro ed Est Europa, Cina, con età che varia dai 18 anni fino a oltre i 50. Parlo di donne, uomini e transgender.
Che percentuale sono le italiane?
Le italiane sono meno visibili perché lavorano poco in strada e quindi non sono rintracciabili. Uno sguardo ai siti di annunci e altre piattaforme ci fa intuire però che ci sono ancora italiane e italiani che lavorano nel settore.
Si rivolgono loro a voi in cerca di aiuto o siete voi che svolgete un’azione sul territorio italiano?
Capita che chi ha qualche problema da risolvere o vuole qualche consiglio sul proprio lavoro si rivolga alla nostra associazione. Ma anche noi cerchiamo di essere presenti nel territorio per contattare i soggetti più vulnerabili.
Ci sono donne che lo fanno per scelta? O sono tutte più o meno costrette?
La maggior parte sceglie di fare questo lavoro. Certamente se il soggetto è in una condizione di precarietà per mancanza di uno status in Italia, questo rende le persone vulnerabili allo sfruttamento, ai ricatti e alla violenza. In un sistema come il nostro dove è difficile arrivare legalmente per un lavoro sono le reti criminali a gestire i viaggi sfruttando i migranti. Inoltre dove il lavoro sessuale non è riconosciuto come lavoro tutto è lasciato nel sommerso a vantaggio di chi approfitta per gestire e sfruttare.
Quali sono i clienti più assidui?
Quelli che fanno visita all’amica almeno una volta a settimana.
Quali sono le funzioni della vostra associazione?
Chiediamo diritti e una depenalizzazione della legge Merlin. In questi anni il comitato si è posto come interlocutore per quelle forze politiche che vogliono la modifica della legge sulla prostituzione. Ponendo come linea di principio i seguenti punti: depenalizzazione della prostituzione, il divieto di controlli sanitari obbligatori e di schedature di qualunque tipo, la lotta allo sfruttamento e al traffico delle persone obbligate ai servizi sessuali, per la quale siamo ente attuatore del progetto regionale “Il fvg contro la tratta” facciamo assistenza e integrazione sociale a favore delle vittime di tratta e grave sfruttamento.
Quale è il vostro pensiero sulle case chiuse? Riaprirle o no?
La casa chiusa un modello davvero antiquato. Credo che nessuno le rimpianga, oggi ci sono modelli diversi di lavoro. Il mondo è molto cambiato forse qualcuno non se ne è accorto.
A giugno organizzate a Bologna un importante evento nazionale che potrebbe dare una svolta a tante vite, può presentarcelo?
Si chiama “Sex workers speak out. Contro la criminalizzazione per i diritti”. L’incontro è promosso e organizzato dalle organizzazioni di sex worker in Italia, che, dopo circa vent’anni dall’ultima volta, riprenderanno collettivamente e pubblicamente parola per risollevare e ridiscutere la questione del lavoro sessuale. L’incontro è aperto alla cittadinanza interessata, alle esperte ed esperti, alle e ai decisori politici, e alla stampa, e vedrà l’intervento delle organizzazioni di Sex worker e delle associazioni che le sostengono nella lotta per i diritti e contro la criminalizzazione.





